La Gioia di vedersi, la felicità in un piccolo gesto. (COVID-19)

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Inizio questo articolo premettendo una cosa per me molto importante. Il mio blog ho deciso di chiamarlo “Il Blog della Felicità” sperando che un giorno sarebbe diventato utile a qualcuno, rendendolo veramente Felice.

Devo dire che a me è stata tolta la possibilità di poter vedere la mia felicità, mi è stata tolta la possibilità di
poter salutare la mia gioia, non ho potuto salutare il mio papà.

Vi racconto cosa mi è successo.

Il 26 Novembre, ho deciso di chiamare il 118 per far ricoverare mio padre, malato di COVID-19, poiché la saturazione (ossigeno nel sangue), che controllavo costantemente, era scesa e la febbre invece non voleva scendere.
Il giorno seguente mio papà mi ha videochiamato, perché portava con sé il suo cellulare e piangendo mi ha detto che gli stavano per togliere tutti gli effetti personali (compreso il cellulare) e lo stavano trasferendo in terapia intensiva, sotto il famosissimo casco. Infatti dopo qualche minuto mi è arrivata la prima delle tante chiamate dal reparto di terapia intensiva, dove stava per essere portato, con la quale mi facevano presente la situazione a livello polmonare.
Quella videochiamata è stata l’ultima occasione per vedere papà, l’ultima volta che ho ascoltato la sua voce, l’ultima volta che ho potuto guardarlo negli occhi, l’ultima volta che ho visto mio padre vivo. Il 6 dicembre è stato messo in coma farmacologico ed intubato con la respirazione meccanica perché la situazione peggiorava di ora in ora. Il 13 Dicembre alle ore 8.45 mi è arrivata la chiamata della dottoressa C. dicendomi che le forze di papà e le sue difese immunitarie non erano riuscite a debellare il virus e non ce l’aveva fatta, papà era morto.

LE TANTE CHIAMATE

Durante i giorni in cui mio papà era ricoverato in stato cosciente, mentre indossava il casco, ho provato molte volte a chiedere ai dottori la possibilità di fare una videochiamata oppure di fargli ricevere un videomessaggio da parte di tutti noi di famiglia, compresi i nipotini che lui amava tanto. La risposta è stata la medesima ogni volta: “Chiama domani alla stessa ora vediamo come fare”. Stessa risposta che mi è stata data anche i giorni successivi, fino al giorno in cui è stato intubato.
Quel giorno allora ho deciso che dovevo fare qualcosa e anche tramite l’aiuto di amici di famiglia sono riuscito a mettermi in contatto con il direttore dell’ospedale, per poi arrivare al primario. Gli ho spiegato la situazione e lei, dispiaciuta dall’accaduto, si è resa disponibile ad aiutarmi, così siamo riusciti a far ascoltare al mio papà le nostre voci attraverso un audio, sperando che questo gesto lo avesse portato ad un miglioramento.

La SOFFERENZA di noi a casa

Mia mamma, le mie sorelle, i miei cognati, i miei nipoti… Tutti noi abbiamo vissuto quasi venti giorni di agonia, aspettando ogni santo giorno le 16 del pomeriggio per poter chiamare l’ospedale e farci dare notizie sulla situazione. Mia madre soprattutto, che non è riuscita neanche a dire un “Ti voglio bene” al compagno di una vita.

Una situazione surreale: noi a casa con la voglia di dargli sostegno morale e lui in ospedale accerchiato da quelli che somigliavano più ad astronauti che a dottori ed infermieri.

L’ASPETTO EMOTIVO/UMANO/PSICOLOGICO

Dopo la mia esperienza ho deciso di intraprendere una battaglia, una guerra vera e propria sarebbe impossibile, ma una battaglia nel mio piccolo credo possa essere il miglior modo per onorare mio padre e magari aiutare tante altre persone che oggi, nello stesso momento in cui tu stai leggendo questo articolo, stanno soffrendo come ho sofferto io.

Credo che sia fondamentale l’aspetto umano, l’aspetto motivazionale in una situazione simile,
specialmente se la reazione di una persona è un aspetto fondamentale per debellare il virus, specialmente se le nostre energie sono fondamentali in questo percorso. Quindi l’aspetto psicologico gioca un ruolo importantissimo nel rafforzamento della difesa immunitaria.
Sappiamo benissimo che la nostra testa, l’aspetto emotivo, le nostre percezioni e le nostre energie possono cambiare anche solo ascoltando un “Forza Nonno ti stiamo aspettando!!!!!!!!!” oppure “Papà non mollare, siamo li con te, dai! Forza, ti voglio BENE”.

Videochiamata in Ospedale

LA BATTAGLIA CHE VOGLIO FARE!

La Battaglia personale che voglio intraprendere è proprio questa: “IL DIRITTO DI POTER VEDERE, FARSI VEDERE E DARE CONFORTO EMOTIVO AD UN NOSTRO CARO AMMALATO IN OSPEDALE”.

Sono ormai 10 mesi che conosciamo il COVID-19 e tutto il mondo sta cercando di poterlo fronteggiare.
Ne hanno inventate di tutti i colori, protocolli su protocolli, l’app “IMMUNI”, la piattaforma per prenotare il tampone online…ecc. ecc.
Ma nessuno ha avuto il coraggio di mettersi una mano sul cuore ed inventare qualcosa per poter assistere i nostri cari in ospedale. La mia ignoranza in materia mi porta a domandarmi come sia possibile che nell’era delle tecnologie avanzate, delle lezioni a distanza, dello smart working, non si possa creare una piattaforma o un’app tramite cui interagire, magari con una webcam e uno schermo davanti ad ogni letto, con i nostri cari. Oppure un semplice tablet in ogni reparto con connessione Wi-Fi. Se necessario con delle credenziali, attraverso le quali un parente può entrare in un orario specifico, anche fossero 10 minuti. Non chiedo di farlo nel momento di gravità della malattia, ma almeno nei momenti in cui la persona è vigile, in modo da potergli dare forza e coraggio.
Qualcuno avrà visto al TG, il servizio dell’infermiere che videochiama il paziente malato di COVID in ospedale.
Ecco, quello che ha fatto quell’infermiere per me dovrebbe essere una consuetudine, un diritto, dovrebbe essere la normalità.
Invece non è ancora così. Io ad esempio non ho avuto la possibilità di farlo e come me altre persone in questo momento non ne hanno la possibilità, perché il “PROTOCOLLO” ce lo vieta.

Mi chiedo: quante mamme, quanti papà, quanti figli, quanti compagni, in questo momento sono a casa e sperano di poter vedere il loro caro in ospedale? Quante persone stanno soffrendo come ho sofferto io?
Ho letto recentemente che anche persone famose, come Francesco Totti, non hanno visto il proprio papà per più di una settimana.
Ho deciso allora di iniziare la mia battaglia con una semplice raccolta firme, per un diritto che, come ripeto, ognuno di noi dovrebbe avere:

“IL DIRITTO DI POTER VEDERE, FARSI VEDERE E
DARE CONFORTO EMOTIVO AD UN NOSTRO CARO AMMALATO IN OSPEDALE”.

Se vuoi aiutarmi in questo, non ti costerà nulla e non ti chiederò altro tempo da dedicarmi, anzi ti chiedo scusa per il tempo che hai impiegato a leggere queste righe.

Mi basta soltanto la tua condivisione sui social con i tuoi amici e la tua firma per sostenere questa mia (nostra) battaglia.

 CLICCA QUI PER FIRMARE.

 

GRAZIE.

Simone

Pubblicato da simouncino

Ricercatore di Gioie, Distruttore di Nuoto, aspirante ingegnere. Pubblico foto e faccio storie anche su Instagram @si_mone88.

2 Risposte a “La Gioia di vedersi, la felicità in un piccolo gesto. (COVID-19)”

  1. Ho vissuto la tua stessa agonia mio papà è morto ad aprile con un infarto , non era covid ma non l’ho potuto vedere ne salutare , questo non mi da pace Sabrina Roma

I commenti sono chiusi.